Era nell’aria da qualche giorno, specialmente dopo l’annullamento del Miami Open, ma ora è ufficiale: l’ATP Tour si fermerà per sei settimane (sette includendo quella corrente) a causa della pandemia Covid-19, cancellando tutti i tornei (Challenger compresi) in programma fino alla settimana del 20 aprile compresa.Il bollettino ufficiale (consultabile qui) nota l’inevitabilità del provvedimento, dopo l’annuncio della pandemia da parte dell’OMS e dopo il ban di 30 giorni sui voli da 26 Paesi europei in direzione Stati Uniti.
Oltre al Sunshine Double, i tornei coinvolti fra quelli del tour principale sono Houston, Marrakech, Montecarlo, Barcellona, e Budapest. Si dovrebbe riprendere la settimana del 27 aprile, vale a dire dai 250 di Monaco di Baviera e dell’Estoril. I Challenger cancellati (fra quelli ancora in programma) sono invece Phoenix, Olimpia, Lille, Machala, Città del Messico, Marbella, Saint-Brieuc, Florianópolis, San Luis Potosì, Murcia, Sarasota, Alicante, Yokohama, Tunisi, Francavilla, Matsuyama, Manzanillo, Spalato, e Tallahassee. Inoltre, i due Challenger in corso questa settimana (Nur Saltan in Kazakistan e Potchefstroom in Sud Africa) non verranno portati a termine.
Andrea Gaudenzi ha rilasciato una dichiarazione al sito dell’ATP in qualità di suo Chairman, dicendo: “Non è una decisione che prendiamo con leggerezza, e rappresenta una perdita enorme per i nostri tornei, per i giocatori, e per i tifosi. Però crediamo che questa sia la cosa più responsabile da fare alla luce di questa pandemia per proteggere la salute e la sicurezza dei giocatori, del nostro staff, della comunità tennistica, e del pubblico. La natura globale del nostro gioco, e i frequenti viaggi a livello internazionale che questa implica, presentano rischi significativi e grandi problematiche nelle circostanze odierne, problematiche accresciute dalle misure sempre più restrittive stabilite dalle autorità locali. Stiamo continuando a monitorare la situazione quotidianamente, e non vediamo l’ora che il Tour riparta quando le cose miglioreranno. Nel frattempo, i nostri pensieri e auguri vanno a tutti coloro che sono stati colpiti dal virus”.
Per quanto concerne la situazione del ranking, l’ATP ha fatto sapere di stare valutando diverse opzioni, ma che non saranno distribuiti punti ATP nemmeno nei Futures durante questo periodo, di comune accordo con l’ITF. Non ci sono ancora annunci da parte della WTA, ma è assai probabile che la decisione venga replicata da parte del Tour femminile.
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di Ubaldo Scanagatta
Il Coronavirus non fa sconti, l’Italia è quasi in ginocchio ma ho fiducia che si rialzerà. Però le maglie del blocco governativo alla circolazione degli italiani sono troppo larghe: mi riferisco in particolare alla possibilità di consentire allenamenti agli atleti di cosiddetto interesse nazionale. Se mi si parla di atleti che si stiano preparando per le Olimpiadi (anche se chissà se a Tokyo si svolgeranno davvero…) beh saranno sei, sette, dieci fra uomini e donne. E non 165! Con ragazzini e ragazzine che mettiamo a rischio di corona virus – loro e le loro famiglie …e non solo i nonni! – come se due settimane di allenamento fossero assolutamente imprescindibili.
Per il solo tennis la FIT, rifacendosi al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 marzo 2020, art. 1 punto 3 (esso autorizza lo svolgimento a porte chiuse delle sedute di allenamento per atleti, professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Coni e dalle rispettive Federazioni) ha autorizzato 165 tennisti a proseguire gli allenamenti. Ma dove? In circoli che allora devono aprirsi per consentire quegli allenamenti? Ma allora che razza di chiusura è? Certo un tennista non ha il campo da tennis in casa, come uno sciatore non ha pista in casa, chi fa volteggio al cavallo non ce l’ha in casa, chi gioca a golf idem (e allora vanno aperti i club di golf), e lo stesso discorso vale per le migliaia di squadre di calcio, basket, volley… E chi fa ciclismo correrà in giardino se ce l’ha?
Allora questo significa che tutti gli sportivi di cosiddetto interesse nazionale – migliaia, forse una decina di migliaia, se si pensa che le discipline sportive sono oltre 40 – sono esentati dallo “io resto a casa” e possono contagiare tutti quelli che sport non fanno?
“Se faccio sport, e anche sport di contatto, io il coronavirus non lo becco? Oppure io faccio sport e allora sono libero di contagiare gli altri?”. Inutile illudersi con il fatto che anziché stringersi le mani a fine match, e a darla all’arbitro, ci scambiamo i pugnetti. E le palle allora? Quelle che, con o senza raccattapalle, prendiamo in mano all’atto di servire, siano esse state infilate in tasca? Per carità, va già bene che i “pro” debbano servirsi da soli per il rito dell’asciugamano, ma è un palliativo, se poi le occasioni di contatto con materiali “contagiabili” sono tantissime altre nel corso di una sola partita e prima di andare negli spogliatoi (che non sono tutti quelli di Wimbledon) a farsi una doccia. Ricordo, quando c’erano le doghe di legno dove si poggiavano i piedi, che era facilissima la trasmissione di funghi…
Apro un inciso su questa mania dell’asciugamano che viene utilizzato dopo ogni punto. Prassi ridicola davvero a prescindere dagli aspetti igienici e direi anche morali: ma il raccattapalle deve diventare anche un “servo” dei tennisti? Tennisti che, abituati a servirsene anche dopo un ace sul 15-0 del primo punto del primo game, lo tirano spesso di malagrazia, figurarsi se ringraziano (questo è anche inevitabile se lo puoi fare punto dopo punto…)! Si prendano un fazzoletto, si mettano una pezzolina che pende dai pantaloni (sebbene non elegantissima) come facevano i tennisti americani degli anni Cinquanta-Sessanta, si mettano la segatura in tasca come faceva Ivan Lendl cospargendo tutto il campo, e molto più modestamente anche il sottoscritto che aveva anche il problema degli occhiali e, prima che inventassero gocce antisudore aveva con sé sempre una sequela di fazzoletti per combattere l’appannamento… Sulle reti di recinzione del campo dove giocavo… stendevo il bucato! Ma perché debbano essere i raccattapalle a fare i lacchè ai tennisti iper-viziati proprio non capisco.
Chiuso il lungo inciso, vi dico che ho pubblicato un estratto di quanto ho scritto sopra sul mio Facebook e su quello di Ubitennis, e ho letto anche alcune obiezioni. Tipo uno che ricordava come deve essere consentito di lavorare a chi deve lavorare. Beh, un vero professionista del tennis effettivamente non può fermarsi per 3 settimane – una magari sì però eh, può sempre fare ginnastica… – ma mica mi vorrete persuadere che i 160 (circa) dell’elenco siano tutti professionisti aspiranti alle Olimpiadi?
Qui di seguito vi copio la mail che, dopo una telefonata di un amico, mi ha scritto uno dei 50 firmatari di un’altra missiva che mi è arrivata in Jpeg (una fotografia) e che vedrete ancora più in basso. Chi mi ha mandato la mail mi chiede alla fine e prima della firma, come potete constatare, di restare anonimo. Voi non potete immaginare quante volte ricevo mail che… gettano il sasso ma nascondono il braccio. Così alla fine non resta che Ubaldo Scanagatta e Ubitennis a non aver paura di lanciare quei sassi che altri vorrebbero lanciare ma non se la sentono.Evidentemente la paura, il timore di possibili vendettine personali, per non chiamarle ritorsioni (sarebbe eccessivo!), è il segnale di un clima che in un ambiente sportivo non dovrebbe albergare. Ma alberga.
Sapeste quanti circoli mi segnalano anche cose di modestissima gravità, per esempio su come viene organizzata (o disorganizzata) la Serie A, ma poi si affrettano a raccomandarsi: ”Oh Ubaldo ma non dire che te l’ho detto io eh! Sai, non vorrei danneggiare il mio circolo, i miei giocatori…”. Succede molto più spesso di quanto possiate immaginare. Del resto basta però pensare a quanto mi accadde nel maggio scorso con il ritiro del mio pass-stampa (l’accredito) agli ultimi Internazionali d’Italia, per far capire a chi ci legge, il clima che si respira per chiunque non resti allineato e coperto. La mail… anonima (per voi, ma non per me):
Gentile Ubaldo
Le scrivo poiché non so se lei è già a conoscenza del fatto che la FIT ha stilato una lista di giocatori che possono allenarsi prendendo le dovute precauzioni nonostante le misure governative. Questa lista include alcuni giocatori junior e giocatori che sono nei primi 600 ATP. Molti di noi crediamo che ciò sia inaccettabile poiché il problema è molto serio e così facendo si mette in pericolo diversi giocatori, allenatori, genitori dei junior e via dicendo e si fa sì che il virus possa proliferare ancora dato che la maggior parte delle persone è asintomatica. E poi è stata fatta una distinzione abbastanza discutibile: il numero 599 può allenarsi mentre il numero 601 no.
A tal proposito è stata scritta una lettera che le invio qui di seguito. È stata firmata col nome “racchette italiane” poiché crediamo che quelle parole racchiudono il pensiero di giocatori, genitori, gestori di circoli, manutentori e via dicendo. Se la sua testata crede che sia un buon motivo pubblicare tale documento, bene che venga fatto. La prego solamente di fare in modo che resti anonima. Un caro saluto e grazie.
Elenco di tutti i giocatori, grandi e piccini, famosi e non, che possono correre (e far correre) rischi anche per questi 15/20 giorni di coprifuoco: Alvisi Eleonora, Andaloro Fabrizio, Arnaboldi Andrea, Arnaboldi Federico, Arnaldi Matteo, Baldi Filippo, Balzerani Riccardo, Basiletti Noemi, Basso Andrea, Battiston Alessandro, Bega Alessandro, Bellucci Mattia, Berrettini Jacopo, Berrettini Matteo, Biagianti Martina, Bilardo Jacopo, Bolelli Simone, Bonadio Riccardo, Bondioli Federico, Bortolotti Marco, Brancaccio Nuria, Brancaccio Raul, Bronzetti Lucia, Buldorini Peter, Cappelletti Monica, Carboni Lorenzo, Caregaro Martina, Caruana Liam, Caruso Salvatore, Cecchinato Marco, Chiesa Deborah, Ciavarella Niccolo’, Cina’ Federico, Cobolli Flavio, Cocciaretto Elisabetta, Colmegna Martina, D’agostino Stefano, Dal Pozzo Giulia, Dalla Valle Enrico, Dambrosi Giacomo, Darderi Luciano, De Marchi Andrea, De Matteo Francesca, Delai Melania, Dessi’ Niccolo’, Dessolis Barbara, Di Giuseppe Martina, Di Muzio Erika, Di Sarra Federica, Donati Matteo, Ercoli Matilde, Errani Sara, Fabbiano Thomas, Ferrando Cristiana, Ferrara Virginia, Ferri Lorenzo, Fognini Fabio, Fonio Giovanni, Forti Francesco, Frinzi Mattia, Furlanetto Marco, Gaio Federico, Gandolfi Gianmarco, Gatto Giorgio, Gatto Monticone Giulia, Giannessi Alessandro, Gigante Matteo, Giorgi Camila, Giovine Claudia, Giustino Lorenzo, Gramaticopolo Biagio, Guerrieri Andrea, Iannaccone Federico, Iaquinto Antonio Matteo, Jevtovic Milena, Lorenzi Paolo, Maestrelli Francesco, Mager Gianluca, Maggioli Emiliano, Malgaroli Leonardo, Marcora Roberto, Mariani Matilde, Martinelli Giulia, Massacri Benito, Mazzola Filippo, Meduri Andrea, Meliss Verena, Miceli Marco, Minighini Daniele, Moratelli Angelica, Moroni Filippo, Moroni Gian Marco, Musetti Lorenzo, Napolitano Stefano, Nardi Luca, N’gantha Lliso Yannick, Nosei Aurora, Nosei Giacomo, Ocleppo Julian, Ornago Fabrizio, Orso Alberto, Paganetti Vittoria, Pampanin Pietro, Paoletti Matilde, Paolini Jasmine, Paradisi Anna, Parenti Luca, Passaro Francesco, Pedone Giorgia, Pellegrino Andrea, Perego Giulio, Perez Wilson Yaima, Petrillo Greta, Pieri Jessica, Pieri Tatiana, Pigato Lisa, Piraino Gabriele, Quinzi Gianluigi, Rapagnetta Daniele, Ricci Beatrice, Ricci Mattia, Rocchetti Sofia, Romano Filippo, Rosatello Camilla, Rossi Federica, Rottoli Lorenzo, Rubini Stefania, Ruggeri Jennifer, Sacco Federica, Sanesi Gaia, Scala Camilla, Sciahbasi Lorenzo, Scotuzzi Federico, Sensi Benedetta, Seppi Andreas, Serafini Asia, Serafini Marcello, Silvi Arianna, Simone Alessandra, Sinner Jannik, Sonego Lorenzo, Stefanini Lucrezia, Tabacco Fausto, Tabacco Giorgio, Tammaro Mariano, Teodosescu Alessandra, Tramontin Alessio, Travaglia Stefano, Trevisan Martina, Trione Riccardo, Turati Bianca, Urgesi Federica, Valente Denise, Valletta Emma, Vanni Luca, Vasami’ Jacopo, Vavassori Andrea, Versteegh Alessandro, Vincent Ruggeri Samuel, Viola Matteo, Zanolini Camilla, Zeppieri Giulio, Ziodato Sara, Zucchini Arianna.
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C’è un angolo di Roma che a primavera è solito incantare e coinvolgere chi lo frequenta. Mai come quest’anno, il Foro Italico è pronto a esplodere in un concentrato di emozioni forse irripetibile. Ma non ha la certezza di poterlo fare. Si procede alla giornata, è l’unica strada. Non sono ore leggere quelle che si vivono negli uffici di chi ha già iniziato a lavorare per la combinata di eventi sportivi sul territorio italiano più importante degli ultimi anni. In un luogo che è cuore e anima del nostro sport, ma anche centro decisionale. Perché è stato il CONI, lunedì pomeriggio, a prendere di petto l’emergenza dettando la linea al Governo sullo stop assoluto dell’attività sportiva fino al 3 aprile.
MESI D’ORO – Dal 4 maggio al 4 luglio, gli occhi del mondo saranno posati sui meravigliosi 50 ettari del parco a ridosso della collina di Monte Mario. Due mesi esatti. Il 4 maggio inizieranno gli Internazionali BNL d’Italia, il 4 luglio si disputerà l’ultima (un quarto di finale) delle quattro partite di Euro 2020 in programma allo stadio Olimpico. Non vogliamo usare i tempi verbali dell’incertezza, attenendoci a quella che oggi – chissà fino a quando – rimane un’agenda ancora viva. Non possiamo fare lo stesso per la finale di Coppa Italia, prevista per il 13 maggio ma ormai fuori anche dalle più ottimistiche ipotesi di ripresa dell’attività del calcio professionistico. Se ne parlerà in estate, probabilmente.
IL TENNIS – Con il circuito ATP fermo fino al 27 aprile e la WTA pronta ad allinearsi, i prossimi tornei in calendario sarebbero Estoril e Monaco di Baviera, seguiti dal Masters 1000 di Madrid (dove comunque la situazione non è semplicissima, ndr). Si tornerebbe in campo due settimane prima rispetto agli Internazionali. Che quindi rimangono in programma – va precisato – al netto delle evoluzioni a livello mondiale della pandemia da coronavirus. La macchina organizzativa della FIT, nel frattempo, procede da cronoprogramma. Come è giusto che sia. Sui quotidiani – le edicole sono aperte – si trovano gli spazi pubblicitari acquistati dagli #IBI20 per promuovere la vendita dei biglietti. Operativamente, è partito l’allestimento della Grand Stand Arena, il secondo campo in ordine di importanza (dopo il Centrale) che viene costruito con strutture mobili. Si lavora anche sugli altri campi secondari, nel rispetto delle prescrizioni di sicurezza.
IL CALCIO – A pochi metri di distanza, la quotidianità scorre nel quartier generale di Euro 2020 allo stadio Olimpico, dove cooperano UEFA e FIGC. È previsto un piano d’azione a ritmi serrati a cavallo tra i due eventi, per garantire lo smontaggio delle strutture degli Internazionali prima della consegna dell’intera area alla UEFA. In tal senso, anche l’ultima giornata di Serie A (secondo il calendario originario, oggi poco indicativo) prevederebbe l’obbligo per Roma e Lazio di giocare entrambe in trasferta. L’Olimpico ospiterà il 12 giugno Italia-Turchia, preceduta dalla cerimonia d’apertura. Il 17 giugno Italia-Svizzera e il 21 giugno Italia-Galles. Il 4 luglio, come accennato, un quarto di finale. La UEFA spera ancora di evitare stravolgimenti: il 4 marzo in Campidoglio sono stati celebrati i 100 giorni al via ed è ancora in calendario il Trophy Tour per le vie di Roma il prossimo 17 aprile.
LE ASPETTATIVE – Tutto ciò, chiaramente, dovrà fare i conti con la realtà e con quello che accadrà già nella prossima settimana. Nessuna federazione ha ancora chiesto ufficialmente il rinvio dell’Europeo, ma l’istanza sicuramente finirà sul tavolo della riunione straordinaria convocata dalla UEFA per martedì 17 marzo. La stessa in cui si deciderà anche sul prosieguo di Champions ed Europa League. “Qualsiasi decisione si prenda bisogna farlo tutti insieme i Paesi e l’Uefa. L’Europa deve fare l’Europa anche nello sport“, ha commentato nei giorni scorsi il ministro Vincenzo Spadafora. Spostare l’Europeo genererebbe un danno economico notevole: in assenza di calcoli ufficiali, la stima effettuata da La Gazzetta dello Sport è di almeno 300 milioni di euro, a cui aggiungere altre perdite da condividere tra tutti gli aventi diritto agli utili. Un’ipotesi dura, che la UEFA non può permettersi oggi di escludere.
È evidente come Roma, nel contesto di un’emergenza sanitaria sempre più globale, non possa fare altro che attendere. E farsi trovare pronta. Senza nascondere l’ansia, in vista dei suoi due mesi più belli.
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Anche Roberto Marcora, volato a Indian Wells per giocare le qualificazioni, ma poi colto di sorpresa come tutti dalla decisione di non disputare il torneo, ha espresso la propria opinione sulla vicenda. In particolare, ha criticato un po’ la gestione da parte degli organizzatori di Indian Wells sia per il fatto di aver deciso all’ultimo sia per la scelta di tenere aperto il Tennis Garden, lasciando via libera al transito di grandi masse. “Che senso ha tenere i giocatori qui, ammassati in palestra uno sopra all’altro? Dovevano sprangare il club! Centinaia se non migliaia di persone che entrano… Si sente dire che annulleranno tanti tornei…“.
C’è ancora un po’ di confusione tra i giocatori, come conferma lo stesso Roberto, raggiunto al telefono. “Ognuno dice la sua, anche noi non sappiamo cosa si dovrebbe fare“. Una nota positiva, nel caos, c’è: “Qui sono gentili, ci hanno offerto sette notti di hotel e 100 dollari di diaria per mangiare e il resto. C’è una petizione dei tennisti francesi per ottenere il prize money del primo turno… Ma se anche per tutti i giocatori delle qualificazioni o meno non si sa…“.
Il problema però inizia a essere percepito a livello mondiale: l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha infatti dichiarato ufficialmente la pandemia. Anche i (pochi) tornei di tennis in corso di svolgimento stanno subendo l’onda d’urto del virus. Marcora ha riferito che molti giocatori sono letteralmente scappati dal Challenger di Nur-Sultan in Kazakistan. I canali ufficiali dell’ATP effettivamente riportano la bellezza di nove ritiri, cinque dei quali non per motivi medici e uno (quello di Ferreira Silva) ancora senza motivazione specifica. La notizia è stata confermata dal giornalista Florian Heer il quale aggiunge che l’esodo dei giocatori tedeschi e francesi è scattato per evitare la quarantena.
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Prima che l’ATP decidesse di fermare il circuito per le prossime sei settimane, c’era molta incertezza tra i giocatori già presenti negli Stati Uniti. Fare subito ritorno a casa o attendere nell’eventualità (assai remota) che il Miami Open si giocasse? Il Coronavirus inizia a far paura anche negli Stati Uniti, dove oltre al rinvio del torneo di Indian Wells (primo provvedimento drastico di tanti nello sport a stelle e strisce), si è fermata la NBA, la MLS e la NHL, mentre il campionato NCAA di college basket proseguirà a porte chiuse. Tra i tennisti che giovedì 12 marzo si erano già imbarcati sul volo del ritorno c’era Nole Djokovic assieme al suo team. A “ripostare” la loro foto su un aereo diretto in Serbia è stato Taro Daniel, critico nei confronti dell’ATP che ancora non aveva rilasciato una nota ufficiale sul rinvio del torneo di Miami.
Se il giapponese ci è andato abbastanza leggero nella sua protesta, lo stesso non si può dire di Noah Rubin. Il tennista di New York non ha il problema di dover affrontare un viaggio di diverse ore per tornare a casa, ma è stato infastidito dalla mancanza di informazioni da parte dell’ATP verso i suoi giocatori: “Essere all’oscuro è comune in questo mondo” ha scritto ri-condividendo su Twitter il post di Taro Daniel. “Continuiamo a dire le cose a pochi eletti, mentre gli altri tirano a indovinare”.
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Giovedì 12 marzo lo sport si è fermato. Gran Premio di Formula 1, NBA, NFL, campionati di calcio e anche il tennis ATP e WTA. Il Coronavirus non risparmia nessuno, l’epidemia corre veloce come un centometrista e può attaccare con la forza di un pugile. È bene che tutto il mondo ne prenda coscienza e dia il suo contributo per limitare i danni che questo nuovo virus ha già prodotto. Lo sa bene Martina Di Giuseppe, numero 194 del ranking WTA, che questa settimana avrebbe dovuto prendere parte al torneo ITF W25 al Cairo, in Egitto.
“Dieci giorni fa nessuno di noi poteva aspettarsi qualcosa di simile” ha detto in un’intervista al sito della Federazione Italiana Tennis. “Siamo sconvolti. Avevo già fatto la valigia per partire in Egitto, ma l’aria stava iniziando a diventare pesante. Non appena sono iniziate a circolare le voci sul nuovo decreto del presidente Conte sulle zone rosse ho deciso insieme a Cristiana Ferrando e a Stefania Rubini di restare a casa”. La decisione di Di Giuseppe serve da esempio per tutti. In momenti come questi serve lucidità e responsabilità: “Sono convinta di aver fatto la scelta migliore, in questo momento viaggiare è pericoloso per tutti, per noi e per le persone con cui veniamo a contatto. Dobbiamo fermarci tutti ora. Tutto deve passare in secondo piano quando ci sono rischi concreti per la salute. Per troppe settimane il problema è stato sottovalutato ed ora che almeno in Italia ci si è resi conto di quanto sia divenuta sera la situazione ho la terribile sensazione che nel resto del mondo la percezione della cosa sia diversa”.
La vita del tennista è fatta di spostamenti continui, di contatti con centinaia di persone, strutture e centri sportivi. La FIT ha comunque autorizzato gli allenamenti a porte chiuse di 164 tennisti, basandosi su un punto (contraddittorio) del DPCM del 9 marzo, sebbene questo implichi la riapertura dei circoli ai quali è stata imposta la chiusura. “Il mio lavoro prosegue” ha continuato Di Giuseppe, “nel rispetto delle direttive. Non devo e non voglio fermarmi, ci si adatta e si prova a fare il possibile. Il Tennis Club Parioli, come è giusto che sia, è chiuso. Avrò modo di continuare ad allenarmi firmando un’autocertificazione ed è ciò che ho intenzione di fare. Per la parte atletica si può lavorare anche a casa rispettando programmi specifici. Se ci diamo da fare torneremo presto a sorridere. La fiamma del tennis è viva e non si spegnerà mai”.
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Lorenzo Musetti è uscito di scena negli ottavi al Challenger di Potchefstroom (che è stato poi cancellato in corso d’opera), battuto con un doppio 7-5 da Benjamin Lock. Il giovane carrarese tuttavia non ha ancora lasciato il Sudafrica e rischia di non poter fare ritorno a casa nei prossimi giorni. I voli verso l’Italia sono stati via via cancellati (stesso provvedimento adottato da molti altri Paesi) a causa dell’epidemia di Coronavirus che sembra stia raggiungendo il suo picco nel Bel Paese.
Secondo quanto riporta il Corriere Fiorentino, Musetti e il suo coach Simone Tartarini potrebbero imbarcarsi su un volo da Johannesburg per atterrare a Nizza. Raggiungerebbero poi Biot, dove ha sede l’accademia di Patrick Mouratoglou, che ha dato la sua disponibilità ad ospitare il team azzurro. Qui Lorenzo avrebbe l’opportunità di allenarsi sui campi in cui palleggiano Coco Gauff e Stefanos Tsitsipas e vivere un’esperienza di enorme importanza. Qualora avesse l’opportunità di tornare in Italia in tempi brevi, sarebbe comunque autorizzato ad allenarsi, sfruttando una concessione abbastanza contraddittoria del decreto del presidente Conte. Infatti Musetti è presente nella lista compilata dalla FIT dei 164 giocatori che possono recarsi nei circoli italiani per continuare gli allenamenti anche in questo periodo di quarantena, rischiando di far aumentare ancor di più il numero dei contagiati da Coronavirus.
“Qui gli italiani non sono ben visti” ha detto Musetti dal Sudafrica. “Si nota che c’è paura nella mente dei giocatori stranieri. Il Sudafrica non sta nemmeno affrontando una situazione di emergenza, come invece altri Paesi nel resto del mondo. Noi stiamo attraversando un periodo di grande incertezza per il nostro futuro“. Per quanto riguarda il match perso contro Lock: “Ho giocato una brutta partita, c’era tanto vento e le condizioni climatiche sono sempre state sfavorevoli”.
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Se ATP e ITF hanno imposto uno stop di sei settimane cancellando tutti i tornei in programma fino alla settimana del 20 aprile compresa (il circuito maschile dovrebbe ripartire il 27 aprile con i 250 di Estoril e Monaco e quattro tornei Challenger), la WTA si è in sostanza fermata alla settimana precedente rimandando ulteriori decisioni. Per il momento gli eventi cancellati dal circuito femminile sono il 125K di Guadalajara, il Miami Open e i due tornei che si sarebbero dovuti giocare nella settimana del 6-12 aprile, il Premier di Charleston e l’International di Bogotà.
Queste le parole del CEO della WTA Steve Simon: “Siamo dispiaciuti della decisione, ma è stata presa nell’interesse della salute pubblica e della sicurezza di tutti, che rimane la nostra priorità. La WTA, insieme con le giocatrici e i direttori dei tornei, prenderà una decisione durante la prossima settimana a proposito della stagione sulla terra battuta europea“.
Il nuovo calendario WTA:
11-22 marzo: Indian Wells – cancellato
16-21 marzo: Guadalajara – cancellato
24 marzo-04 aprile: Miami – cancellato
06-12 aprile: Bogotà e Charleston – cancellati
13-19 aprile Fed Cup – cancellata dall’ITF
20-26 aprile: Stoccarda e Istanbul
27 aprile-02 maggio: Praga
02-09 maggio: Madrid
11-17 maggio: Roma